top of page

PATAGONIA terra di sogni verticali all'estremo Sud del Mondo

Immagine del redattore: Alpine VibesAlpine Vibes

Aggiornamento: 12 mar 2021

La Patagonia. Il nome racchiude in sé un quantitativo di leggende le più disparate.. Noi alpinisti, al solo pensiero, sentiamo già il vento sferzante sulla pelle e il peso degli zaini sulle spalle.


Patagonia Fitz Roy El Chaltén arrampicata alpinismo trekking

La mente corre veloce ai nomi di chi ci ha lasciato la firma su quelle pareti, nomi conosciuti perché vicini a noi o perché famosi, e nomi più impronunciabili perché originari di quei paesi dell'est di cui nessuno parla la lingua e il cui mistero ne fomenta il fascino.


"Gli occhi si riempiono di immagini: guglie di granito perfetto, funghi di neve che coronano le cime, linee di cresta dal contorno inequivocabile.. Il tutto colorato di una luce brillante, la luce che il sole delle latitudini australi emana e che i ghiacciai candidi riflettono. "


Ma le leggende sulla Patagonia non si fermano certo all'alpinismo.. Chi di noi non ha letto almeno un racconto di Chatwin o di Sepulveda? Chi di noi non ha mai neanche solo immaginato di raggiungere l'estremo sud del continente: una puntina di terra così sottile, dove si infrangono i due grandi oceani del pianeta terra?



Per tutti questi aspetti, l'insieme di racconti leggendari che avvolge questa zona del mondo ha affascinato anche me e Stefano.


Quando per la prima volta comprammo i biglietti per l'Argentina, tre anni fa, il viaggio sancì un grande cambiamento nella nostra vita. Decidemmo di partire per allontanarci dalla realtà che ci circondava e immergerci in un'avventura completamente sconosciuta, spinti dal desiderio di vivere un alpinismo più.. potente, direi. Conosciuti pochi mesi prima, lasciammo entrambi il nostro lavoro d'ufficio in città e volammo oltre oceano, già certi che la nostra vita insieme sarebbe stata addirittura migliore di come potevamo immaginarcela.


L'esperienza fu magnifica, ma a suo modo anche un po’ scottante, tant'è che per anni siamo poi rimasti lontani dal pensiero di quella terra. Ma il tempo, un pò alla volta, fa riaffiorare solo i ricordi belli e il desiderio di tornare a giocare in quel parco giochi pazzesco si è rifatto vivo.


"Così eccoci qui, pronti a tornare in Patagonia, consci di aver acquisito una maggiore consapevolezza ed esperienza e, grazie a queste, determinati a raggiungere obiettivi precisi e più ambiziosi."


Purtroppo, in Patagonia l'affermazione "al tempo non si comanda" è proprio un imperativo: non basta una mezza giornata di sole per fare qualcosa, non è sufficiente neanche una piena giornata di sole se c'è il vento, o viceversa una giornata senza vento ma nuvolosa. In pratica: tutti i vari fattori meteorologici devono essere adeguati, altrimenti 99% ti aspetta un lunghissimo avvicinamento a vuoto e un rientro in paese con la coda tra le gambe!


El Chaltén

El Chaltén è il paese di riferimento per effettuare salite sui massicci del Fitz Roy e del Cerro Torre. Il paesino nasce nel 1985 proprio per dare supporto tecnico alle spedizioni alpinistiche, che altrimenti avevano 300km di distanza dal primo luogo possibile di approvvigionamento (El Calafate, dove si atterra con l'aereo). Negli anni, il paese di El Chaltén è cresciuto a dismisura. Ha saputo cogliere il potenziale turistico promuovendosi come la meta del trekking e dell'alpinismo andino per eccellenza. Di anno in anno si vedono così sorgere nuovi ostelli, affitta camere, bar, ristoranti, botteghe, gestiti ormai soprattutto da argentini "di fuori". Di contro, chi come noi desidererebbe assaporare ancora quella che era la realtà alpinistica della prima Patagonia, rimane deluso da questo aspetto. Con il fiuto giusto comunque, si incontrano ancora i primi abitanti del villaggio e si possono condividere con loro lunghe chiacchiere al sapore di mate. Mentre, quello che ora è il grande vantaggio di questo sviluppo è il fatto di avere tutti i servizi di cui abbiamo bisogno a "solo" un giorno di cammino dalle pareti. Inoltre, altro aspetto positivo ancora più bello è che nei giorni di attesa giù in paese entriamo in contatto con moltissimi alpinisti provenienti da tutto il mondo e la rete di relazioni che ne deriva è un potenziale di amicizie e informazioni notevole!


Siamo atterrati in terra patagonica esattamente il giorno di Natale e dopo un paio di giornate di ambientazione, abbiamo potuto godere di una prima lunga finestra di bel tempo, la cosiddetta ventana. Il meteo è stato perfetto ma purtroppo era da un mese che invece faceva sempre brutto tempo, indi per cui nessuno era salito prima di allora e nessuno era in grado di darci qualche informazione sulle condizioni delle pareti. Ad ogni modo, siamo partiti sotto il peso dei maledetti sacconi diretti all’accampamento Niponino, punto di appoggio per quello che era il nostro progetto principale, con moltissime opzioni da giocarci a seconda delle condizioni che avremmo trovato. Le pareti di roccia si sono rivelate effettivamente molto sporche di neve e ghiaccio, come da aspettative, ma siamo riusciti comunque a mettere le mani su una bella roccia. Abbiamo raggiunto la vetta dell’Aguja Medialuna, scalando la via Rubio y Azul: un’ottima soluzione in caso di precipitazioni recenti perché trattandosi di un itinerario su spigolo e a quote minori, si pulisce dalla neve molto in fretta.


Massiccio del Cerro Torre e Fitz Roy: Aguja Medialuna, Mocho, Aguja de l'S, Aguja Guillaumet

Trascorso così il capodanno ai piedi del Cerro Torre, rientriamo in paese leggeri perché lasciamo tutto il nostro materiale all’accampamento. Da questa bella ventana fino alla fine del nostro viaggio, sfortunatamente, di ventane non ce ne sono più state. Ogni 4-5 giorni circa si apriva una singola giornata di sole, dove però o c’era vento forte o le pareti erano sporche o i residui della perturbazione precedente si prolungavano oltre le previsioni o, al contrario, la perturbazione che seguiva anticipava l’orario previsto. Il nostro mese e mezzo di Patagonia si è così concretizzato in diverse salite su cime di minore importanza rispetto alle principali e con condizioni spesso difficili. I paesaggi visti durante queste veloci avventure sono stati comunque magnifici, alcuni tiri di roccia si sono rivelati spettacolari e di soddisfazione e quel senso di sentirsi svuotati dalle fatiche una volta scesi a valle ci ha sempre accompagnati!


Ci siamo goduti la cumbre de El Mocho lungo la Voie de Benitieres, un itinerario dalle caratteristiche simili a quello sopra descritto, che regala un paio di tiri di gran soddisfazione: un diedro perfetto e omogeneo di 6b con uscita su pulpito stile Yosemite, da cui parte un secondo tiro caratterizzato da due fessurine lineari nel mezzo di una placconata compatta, separate l’una dall’altra da un metro e mezzo di nulla dove si gioca tutto il brivido del 7b.

Abbiamo tentato poi un concatenamento di due cime che però si è concluso a metà perché siamo stati investiti da un vento infernale che ci ha bloccati in parete per un paio d’ore, incapaci di calarci perché le corde si incastravano ovunque e rimanevano sospese in aria, e che ci ha costretti a ripercorrere l’intera cresta da cui venivamo per provare a calarci sul versante opposto al riparo dal vento (via Pippo Frasson sull’Aguja Guillaumet e cresta N-S dell’Aguja Guillaumet).



Ed infine, un itinerario per nulla consigliabile sull’Aguja de l’S, in una giornata in cui le pareti erano interamente coperte di neve e pur di godersi la bella giornata di sole, abbiamo raggiunta la cumbre de l’S passando senza un criterio preciso da una fessura all’altra, dove pareva di poterci incastrare un po’ le picche e un po’ le protezioni!


laguna Sucia El Chaltén Patagonia arrampicata alpinismo

Rimpiango di non aver vissuto una bella avventura lunga su quelle pareti da sotto tanto contemplate, una lunga salita che richiede bivacchi e organizzazione a puntino, per raggiungere poi la fantomatica cumbre. Chissà, ci saranno magari altre occasioni più fortunate..


"Quando decidi di viaggiare laggiù lo metti in conto che i progetti iniziali subiranno continue modifiche. In nessun altro posto come a El Chaltén si fanno e disfano programmi ogni 6 ore quando esce l’aggiornamento meteo e in nessun altro posto come a El Chaltén la tua giornata è scandita dallo scorrere di queste fantomatiche 6 ore in cui speri che il maltempo venga scaraventato lontano da un’ondata inaspettata di alta pressione!"


Quando poi è finito il tempo a disposizione per la spedizione, l’unico aspetto della Patagonia che mi sono lasciata alle spalle volentieri è stato l’ossessione del meteo e del cambiare programma continuamente!! Mentre già in aeroporto rimpiangevo la spensieratezza e leggerezza che contraddistingue la cultura sudamericana, così contrastante con la sfilza di uomini e donne occidentali vestiti in maniera elegante e seria che si accalcano al check-in. E già il desiderio di tornare a scalare pareti verticali di granito in un altro luogo del mondo.. magari dal clima più facile.. si fa spazio nei nostri programmi!


Leggi l'articolo anche nel blog Grivel.

111 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page